Non sapevo che tipo di mamma sarei stata.
Non mi sono mai ritrovata a fantasticare su come sarebbe stato essere mamma, su quanti figli avrei voluto avere o su come li avrei educati.
Diciamo che l’idea della maternità semplicemente non mi ha mai allettato.
E non ci ho pensato moltissimo nemmeno all’inizio, dopo aver scoperto di essere incinta.
Sono cresciuta con i racconti tristissimi di mia madre, che prima di darmi alla luce ha dovuto fare i conti con ben 2 aborti spontanei; per questo la parte razionale di me aveva deciso scientemente di non affezionarsi troppo all’idea della maternità.
Questo fino al giorno del bi test.
O meglio, fino alla sera prima.
Perché a 13 settimane esatte ho sentito qualcosa muoversi dentro di me, come delle bollicine, un piccolo tremolio mai provato prima.
E la mattina seguente, l’ecografia mi ha dato ragione.
Quello che sentivo corrispondeva perfettamente ai movimenti – o meglio ai rimbalzi – che vedevo sul video.
Non sapevo ancora se aspettavo un maschietto o una femminuccia, ma quel giorno ho deciso di dare forma a quel bambino nei miei pensieri.
Ho deciso di celebrare quella vita così dirompente che ormai non potevo più tentare di ignorare.
Perciò mi sono trovata a girare fra gli scaffali di abiti per neonati.
Ed eccola lì:
Una felpina, bianca e grigia.
In quel preciso momento, ho deciso che non mi importava niente se fosse stato un maschietto o una femminuccia, che quella sarebbe stata la sua felpa.
E che avrei cresciuto la creatura che portavo in grembo libera da stereotipi di genere, libera di essere qualsiasi cosa avesse voluto.
E nulla è cambiato quando, poche settimane dopo, ho scoperto che avrei avuto una bambina.
Anzi, pensandoci credo che abbia rafforzato in me la convinzione di essere sulla strada giusta.
Quindi tutto il più possibile gender neutral, con buona pace di nonne zie e amiche già pronte a ricoprirmi di tulle e fiocchetti rosa.
Molti non comprendono il motivo di tanto accanimento, alcuni pensano che si tratti di sciocchezze.
Ma io proprio non ce la posso fare a pensare che la mia bimba cresca tutta pizzi e merletti, convinta che un giorno lei farà la casalinga o la ballerina SOLO perché è QUESTO che fanno le FEMMINE.
O che se ne stia lì ad aspettare un principe azzurro sul bianco destriero per farsi salvare.
Vorrei che potesse sognare indistintamente di essere un’astronauta o una maestra, una scienziata o un’infermiera, un pompiere o una modella.
Vorrei che cresca con la possibilità di scegliere indisturbata chi essere, cosa fare e chi amare.
Vorrei per lei un futuro sconfinato, non un destino già scritto.
E vorrei che un giorno tutto questo non sia identificato come coraggio, bensì come normalità.
Concordo su te, anche io sono totalmente per la libertá, per farla scegliere con la sua testa. Personalmente finché era neonata ho scelto, amo le cose nere, ma anche rosa, blu, bianche. Evitare il rosa o i fiocchi sotto un certo punto di vista é “scegliere” l’opposto. Non so se mi spiego! . Io amo il nero, vesto nero, e seppur da piccola AMAVO le bambole non ho mai sognato con essere ballerina, volevo essere polizziotto (per poi finire a fare tutt’altro eh ).
Quello che voglio dire é che se mia figlia vuole vestirti si BLU, si vestirá di blu, ma se vuole vestirsti di rosa, si vestirá cosí. Ora che ha 2 anni comincia ad avere i suoi gusti, ama i ragni e gli insetti (e no, non ha preso ne da me ne dal papá ) ma ama vestirsi da unicorno o mettersi le orecchie da gatto! .
Credo l’importante sia sempre LASCIAR LORO SCEGLIERE, e insegnare che siamo tutti uguali e che possiamo essere qualunque cosa vogliamo! Meno politici… (scherzo).
Avanti tutta!
Grazie a mamme come te le donne saranno sempre più libere! Concordo su tutto e desidero vedere, un giorno, il rosa portato senza tutti quegli stereotipi attaccati addosso.
Non è facile ma non è impossibile. Forza!
Vale anche per i maschietti eh… perché poveretti non poter desiderare di provare una gonna o non poter giocare con la cucina e le bambole perché “è da femminuccia” fa altrettanto paura!!
Il mestiere di mamma è sempre difficile: io faccio quello che ritengo giusto, e incrocio le dita 😉
Penso sia una delle parti più difficili dell’essere genitore. Andare a scoprire e sradicare nelle proprie parole e riflessi educativi, quelle espressioni che definiscono e etichettano… “ma che bella femminuccia che sei con questa gonnellina!”, “Tu sei un ometto, devi essere forte, non devi piangere!”… e una volta essere andati così terribilmente lontani dentro noi stessi, proteggerli dall’esterno… corazzarli affinché non perdano se stessi. Ma che bel viaggio.
“Siediti composta come una signorina”, o “non fare il maschiaccio”…
Che nervi!
Facciamo del nostro meglio per creare degli adulti migliori di noi e dei nostri genitori.
Perché è da qui che deve iniziare il cambiamento…
Stupendo.
Porti avanti una battaglia che è veramente difficile da far comprendere e accettare.
Il primo passo per raggiungere la parità di genere è davvero cominciare dai bambini. Finché li incaselleremo in pacchetti preconfezionati non saranno mai liberi di esprimersi al 100%. Che una mamma decida di educare la propria figlia senza incollarle ruoli di genere addosso è meraviglioso. È l’inizio del cambiamento ❤
Beh da qualche parte si deve pure iniziare a cambiare no? 😉
Non è facile, certi meccanismi sono così radicati che a volte si fa fatica a distinguere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
Il rischio di andare troppo oltre, imponendo COMUNQUE una scelta è sempre dietro l’angolo.
Ci vuole misura, ed è come camminare su una fune!
Io credo che ormai più nessuno creda alla favoletta della donna che DEVE occuparsi della casa. Nel corso degli anni abbiamo visto lavori femminili per uomini e viceversa. E credo che nessuno si scandalizza se una bimba non é vestita di rosa. Ma qui si tratta di gusti personali…io adoro il rosa, i fiocchetti, i brillantini e vesto cosi mia figlia..non perché voglia imporgli un etichetta ma perché mi piace..anche io mi vesto cosi! quando crescerà deciderà se continuare a vestirsi cosí oppure se cambiare.
Vero.
Tuttavia ti porto un esempio che per me che ci faccio caso è lampante.
L’altro ieri, ci fermiamo davanti a dei librini per bambini con i mestieri:
Piero il Pompiere, Marco il capotreno, Giovanni guida la ruspa, Vattelappesca l’astronauta.
E poi Clara la parrucchiera, Marcella la fioraia…
La festa dello stereotipo.
La questione del rosa è un pretesto. Non è il colore, non è il fiocchetto.
È un discorso più in generale di presa di coscienza che c’è ancora tanto lavoro da fare…
Bellissimo post! Gli stereotipi di genere sono ovunque, la nostra societa’ ne e’ intrisa… tuttavia dobbiamo provare ad opporci! Io per esempio non ho voluto sapere il sesso del mio bimbo fino alla nascita, perche’ ho voluto dargli almeno nove mesi “liberi da ogni genere di genere”!
Bellissima cosa! Come si dice, ci sono così poche sorprese nella vita, perché privarsi di una così bella!
Io ho voluto saperlo: per la mia incapacità di gestire le sorprese, ma soprattutto perché volevo dare un nome a quella vita che mi cresceva dentro. Non più entità astratta quindi, ma persona… era una cosa di cui avevo bisogno.
Sono d’accordo sulla linea. E diamo anche noi l’esempio. Io non sono la padrona di casa di rivista patinata e forse nemmeno quella del libro delle ricette di cucina. O forse sì. Ma anche un po’
di alpinismo e di allenamento con IL TRX, conduco riunioni e organizzo linee guida per lavori in team…. e se vorrà fare la ballerina, la giornalista o l’agricola sarà una sua scelta.
nel frattempo educate anche i papà! buon lavoro mamme!